Il termine growth hacking risale all’ormai lontano 2010: a coniarlo è stato Sean Ellis, noto imprenditore americano, che ha parlato di questa particolare tattica di marketing sul suo blog, descrivendola come un mix di strategie “unconventional” e fuori dai soliti schemi in grado di portare le imprese verso soddisfacenti margini di crescita.
Probabilmente hai sempre collegato il growth hacking al mondo delle start up, perché la metodologia si propone come particolarmente efficace proprio nei contesti delle piccole e medie imprese. Ti sorprenderà però sapere che si tratta di pratiche e processi perfettamente adattabili anche alle grandi aziende e a quelle imprese che desiderano dare nuovo slancio alla loro evoluzione.
Ma di cosa si parla esattamente quando si menziona il growth hacking e come funziona nel dettaglio questa strategia di marketing?
Cos’è il growth hacking?
A dire il vero la spiegazione più veritiera a una domanda di questo tipo è un sincero “è complicato”. Definire infatti con estrema precisione il growth hacking è una missione davvero non facile, prima di tutto perché non si tratta di una precisa tattica di marketing, ma più di una filosofia, flessibile ed estremamente dinamica, d’impostazione dei processi aziendali.
Si potrebbe pensare al growth hacking come a una combinazione di marketing, creatività, programmazione, sviluppo di automazioni, monitoraggio dei dati e, soprattutto, esperimenti.
La sperimentazione è proprio il concetto che costituisce le fondamenta di questa disciplina. Si tratta di processi sperimentali rapidi e mirati che si pongono l’obiettivo di trovare opportunità, sbocchi di crescita e nuove occasioni per ampliare il pubblico, potenziare le conversioni e incrementare i fatturati.
Su cosa può sperimentare chi si occupa di growth hacking? Sostanzialmente, su tutto! Ogni singola fase del percorso che il cliente compie verso l’azienda può essere infatti oggetto di interessanti esperimenti: proprio per questo, il growth hacking è una metodologia affascinante e sempre in evoluzione, capace di coinvolge in modo innovativo ogni reparto aziendale e ogni membro del team.
Come funziona il growth hacking?
Per capire come si muove un growth hacker, dobbiamo soffermarci sul nome stesso di questa strategia. La parola “hacking” deriva dal fatto che il pilastro portante di questo modo di pensare il marketing è la voglia di agire al di fuori dei binari prestabiliti e di utilizzare metodi alternativi per portare un’azienda al successo.
Essendo nato nel contesto delle start up, il growth hacking è anche pensato per adattarsi alla perfezione a tempistiche d’azione ristrette, budget limitati e alta concorrenza: funzionando anche con questi critici presupposti, ovviamente ben si adegua a ogni ecosistema e ad ogni fase di sviluppo aziendale.
Una condizione imprescindibile perché il growth hacking dia i suoi frutti è la flessibilità, sia da parte dell’organizzazione che decide di metterlo in atto, sia da parte del personale interno: tutti i membri del team dovranno essere pronti a mettere in pratica pensiero laterale e creatività, nonché a cooperare tra di loro per conquistare insieme il traguardo.
Uno dei vantaggi più apprezzati del growth hacking è la rapidità delle sue sperimentazioni, che consente di avere riscontri pressoché immediati delle strategie messe in campo e di capire quindi in un breve arco temporale cosa ha funzionato, cosa no, cos’è da adattare e quali nuove strade si potrebbe tentare di percorrere. Il tutto minimizzando i rischi e il capitale da investire nei singoli esperimenti.
Lo scopo finale è quello di trovare le strategie che meglio funzionano, per dedicare loro maggiori fette di budget, imparando da ogni errore e affinando ogni tattica con sempre maggiore precisione. L’analisi meticolosa dei risultati e dei dati raccolti è parte integrante della procedura: fare growth hacking significa sì, sfoderare enorme inventiva e ingegno, ma non vuol dire “improvvisare”. Ogni test corrisponde a una mole di informazioni da capire, misurare e interpretare, per trovare il modo di perfezionare i propri piani.
Affidati a un esperto di growth hacking
Il growth hacker, quindi, può essere definito come un vero professionista del pensiero “out of the box” ed è proprio questo che gli esperti CAMP si impegnano a fare ogni giorno. Inglobiamo i principi del growth hacking, per condurre i nostri clienti verso vittorie che non avrebbero, spesso, nemmeno potuto prospettare.
Un growth hacker è definibile come un consulente marketing dallo spiccato profilo a T, ovvero possessore di competenze trasversali che gli permettono di comprendere il disegno globale, studiare road maps capillari e puntare dritto verso la crescita selezionando gli specialisti più adatti per arrivare all’obiettivo.Un consulente marketing, così come un growth hacker, non lavora infatti in solitaria, ma interagisce costantemente con gli specialisti dei singoli reparti di cui comprende a fondo il lavoro e con cui condivide ogni step: le sue conoscenze spaziano nell’ambito della comunicazione digitale, dell’UX Design, del web development e della psicologia dei comportamenti d’acquisto, ma anche della statistica e dell’economia, della creazione di contenuti, dell’analisi dei dati e molto altro.
Ma non opera direttamente su ogni singolo passaggio strategico, o su ogni tool, bensì si avvale dell’aiuto indispensabile degli esperti con cui collabora, coordinandoli attraverso una visione globale.
L’incarico del growth hacker, quindi, è quello di scorgere strade alternative per raggiungere la meta, in modo da creare piani d’azione efficaci per far crescere il tuo business, metterli in moto e monitorarne i risultati. Con l’ottima prospettiva che, anche qualora gli esperimenti diano esito negativo, i dati raccolti siano in grado di far scorgere la strada giusta per arrivare alla destinazione concordata.
Sei pronto a trovare percorsi originali verso il successo? I tuoi consulenti CAMP lo sono sempre: prenota subito una call per saperne di più!